Taglio lineare dell’Irap con sforbiciata alle aliquote; detrazione Irpef che passa da 1.880 a 2.400 euro e si allarga a tutti i redditi fino a 20mila euro, contro gli 8mila attuali, per modularsi poi in discesa man mano che i redditi salgono e azzerarsi a quota 55mila euro, come accade oggi. Sarebbero queste le coordinate su cui si sta costruendo il maxi-taglio al cuneo fiscale messo in cantiere dal Governo, con un aiuto alle imprese (2,4 miliardi di sconto all’anno) e uno, più pesante (10 miliardi all’anno a regime) per i lavoratori dipendenti e gli «assimilati» come co.co.co e co.co.pro.
A loro la nuova “curva” dell’Irpef assicurerebbe, come ha promesso il presidente del consiglio Matteo Renzi, almeno mille euro all’anno (80 euro al mese) per chi guadagna 1.500 euro netti al mese. Se sull’Irpef si prosegue di simulazione in simulazione, a Palazzo Chigi va avanti il lavoro per tradurre in norme l’annuncio del taglio del 10% dell’Irap pagata dalle imprese.
L’idea iniziale di lavorare su una riduzione del costo del lavoro, che alla fine avrebbe penalizzato chi non ha la componente lavoro e premiato maggiormente le imprese attive in settori “labour intensive”, cede ora il passo all’ipotesi di un taglio lineare sulle aliquote Irap, spalmando così la riduzione del 10% in misura uguale per tutti i soggetti all’imposta regionale sulle attività produttiva (l’aliquota base si attesterebbe al 3,51%, ma un taglio analogo si applicherebbe a tutte le aliquote speciali per i pdiversi settori di attività p). Più difficile dare forza giuridica all’altra ipotesi sul tappeto, ovvero quella di un taglio del 10% applicato dopo aver determinato l’Irap dovuta con le aliquote attuali e riducendo di fatto i versamenti del 10 per cento. La certezza sull’operazione Irap, al momento, è la copertura del dimagrimento da 2,4 miliardi di euro del tributo regionale pagato dalle imprese: le risorse arriveranno dall’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento.
Per conoscere i dettagli della riduzione delle tasse per lavoratori e imprese si dovrà comunque attendere la stesura del decreto legge che, vista la dead pline fissata da Renzi con gli aumenti delle buste paga di fine maggio, andrà definito e approvato dal Governo entro la fine di marzo. A cascata nei prossimi dieci p giorni, e dunque già per la prossima settimana, il Governo potrebbe approvare il Documento di economia e finanza (Def) in cui saranno messe nero su bianco le coperture del taglio dell’Irpef, stimate in 6,6 miliardi per il 2014 e 10 miliardi per il 2015. Risorse che, come annunciato sempre da Matteo Renzi, arriveranno dalla spending review targata Cottarelli, dal tesoretto sulla riduzione degli interessi passivi con il calo dello spread, dalla maggiore Iva incassata con il pagamento dei debiti della Pa e da un possibile innalzamento dal 2,6% al 2,8% del deficit nominale sul Pil. Sulla reale utilizzabilità di tutte queste voci, e sul contributo che ciascuna di essere sarà chiamata ad assicurare, la trama è ancora tutta da scrivere.
Agli occhi dei contribuenti, però, l’operazione Irpef è più interessante dal lato degli effetti in busta paga. I tecnici del Governo, come accennato, lavorano a un doppio aumento della detrazione fissa, quella che oggi sconta 1.880 euro a tutti i redditi fino a 8mila euro (circa 500mila persone, perché oltre l’80% dei contribuenti che dichiarano cifre simili è incapiente). L’aumento sarebbe doppio perché alzerebbe sia il valore della detrazione, portandola intorno ai 2.400 euro, sia il suo ambito di applicazione, che abbraccerebbe tutti i redditi fino a 20mila euro. A partire da questo livello, lo sconto scenderebbe poi progressivamente al crescere del reddito: il grafico qui a fianco adatta i meccanismi attuali ai nuovi livelli di partenza, spostando da 978 a 2mila euro la detrazione-base a cui si applicano i moltiplicatori per adattarla al reddito.
Tecnicismi a parte, in questo modo si assicura la linearità della curva, abbassando progressivamente lo sconto fino ad azzerarlo a quota 55mila euro. In questo modo, gli effetti maggiori (i mille euro all’anno evocati dal premier) rispetto al sistema attuale si sentirebbero nella fascia di reddito 20-29mila euro, che è anche la più frequentata dai lavoratori dipendenti (vi si collocano 5,2 milioni di dichiarazioni, un quarto del totale). Poco inferiori in valore assoluto, ma ovviamente pesanti in termini percentuali, sarebbero i benefici per chi dichiara fra 15mila e 20mila euro (altri 3,6 milioni di persone): con il “decalage” lungo, fino a 55mila euro, la platea degli interessati da uno sconto più o meno consistente rispetto al livello attuale si allargherebbe a 15 milioni di lavoratori.